I sefarditi romeni e i loro rapporti con l’Italia

In occasione della Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto, l’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia e il Consolato Generale di Romania a Trieste, in collaborazione con il Centro di Studi Ebraici «Goldstein Goren» della Facoltà di Lettere dell’Università di Bucarest, organizzano venerdì 27 gennaio 2023, a partire dalle ore 17.00, presso la Sala Conferenze dell’Istituto, a Palazzo Correr, Cannaregio 2214, Venezia, la conferenza dal titolo «I sefarditi romeni e i loro rapporti con l’Italia» tenuta dalla Prof.ssa Felicia Waldman, docente presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bucarest.

L’intervento della Prof.ssa Felicia Waldman si focalizzerà sul ruolo che ebbero i sefarditi insediatisi a nord del Danubio nello sviluppo economico e nella modernizzazione delle terre d’adozione, nonché sulla conservazione e il consolidamento dell’identità ebraica nelle comunità stabilmente radicate. Le fonti coeve attestano la presenza dei sefarditi nei Principati Romeni già nel XVI secolo, quindi con la formazione delle comunità residenti nelle aree urbane fornirono il proprio apporto culturale e materiale allo sviluppo dell’economia locale. Dalla comunità sefardita emersero e acquisirono un ruolo di primo piano personalità impegnate in molteplici settori di attività, affermandosi tra i professionisti e i protagonisti dell’imprenditoria locale che contribuirono al processo di sviluppo economico della Romania nel secondo Ottocento e nella prima metà del Novecento. Le discriminazioni e le persecuzioni cui i sefarditi, come tutti gli ebrei, furono sottoposti in Romania durante la Seconda Guerra Mondiale scossero le loro comunità dalle fondamenta e portarono, nel periodo successivo alla creazione di Israele, alla graduale emigrazione (aliyah) della maggior parte dei sopravvissuti.

Onorare le vittime e i sopravvissuti dell’Olocausto comporta anche ricordare e approfondire la storia delle comunità ebraiche che da secoli vivevano nell’Europa Centrale e Orientale prima della Seconda Guerra Mondiale. L’Olocausto non è stato solo l’annichilimento, il saccheggio, la discriminazione e la persecuzione di persone innocenti, ma anche il tentativo di annientamento di una civiltà, di una cultura e di un modo di vita che affondava le radici nella storia del continente europeo. Se nell’Europa Orientale si trattava generalmente di shtetl ebraici ashkenaziti, in Romania la comunità sefardita, la più antica e coesa, ma allo stesso tempo la meno numerosa tra le comunità ebraiche, fu ugualmente vittima delle tragiche circostanze della Storia. Sopravvissuta alla guerra e all’Olocausto, la comunità sefardita romena cessò di esistere come tale nel 1948, quando i carri armati degli occupatori sovietici portarono al potere il regime dittatoriale comunista, spingendo la maggior parte dei sefarditi all’emigrazione in Israele. Una presenza radicata da oltre quattro secoli è stata così definitivamente cancellata dalle terre romene, il che spiega perché oggi la comunità sefardita è quasi avvolta nell’oblio. La relatrice si prefigge quindi, attraverso fonti d’archivio, memorie e testimonianze che rispecchiano la complessità sociale, economica, linguistica e culturale della comunità ebraica, di riportare alla luce la storia dei sefarditi nei principati di Valacchia e Moldavia e successivamente nella Romania moderna, dalle prime testimonianze documentarie risalenti alla metà del Cinquecento fino alla disgregazione della comunità avvenuta nel 1948. Provenienti soprattutto dall’Impero Ottomano, ma anche dall’Italia, dall’Austria e da altri Paesi europei, i sefarditi hanno contribuito allo sviluppo economico, sociale e culturale dei Principati Romeni, quindi della Romania moderna, soprattutto nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento. Esponenti della comunità sefardita – alcuni provenienti dall’Italia oppure che vantavano nella Penisola italiana importanti contatti – hanno lasciato un segno indelebile nella vita economica, sociale e culturale della Romania: dall’economia, la finanza e le banche, all’istruzione, alla cultura (letteratura, musica, arte), al welfare, alla medicina, all’architettura, alla giurisprudenza e persino alla politica. Durante l’Olocausto, il rabbino capo della comunità sefardita, Sabetay Djaen, si è impegnato in prima persona a fianco del rabbino capo della Romania, Alexandru Şafran, per salvare gli ebrei romeni, avvalendosi del sostegno del nunzio apostolico a Bucarest, l’arcivescovo Andrea Cassulo. Inoltre, la relazione della Prof.ssa Felicia Waldman contribuirà a far conoscere meglio al pubblico i legami meno noti tra i sefarditi romeni e l’Italia.