Mostra foto–documentaria on-line sulla pagina Facebook e l’account Instagram dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, 15 giugno–15 settembre 2020
La mostra on-line si propone di fornire un’immagine del modo in cui erano rappresentate le terre romene nella cartografia storica a stampa del Cinque–Settecento. A tal fine, sulla pagina Facebook e sull’account Instagram dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, saranno presentate ogni settimana immagini ad alta definizione di due carte geografiche, accompagnate da una succinta biografia dell’autore e da brevi cenni riguardanti la pubblicazione e la circolazione di ciascuna mappa. Le carte geografiche presentate di volta in volta proverranno da collezioni, pubbliche e private, dal rilevante valore patrimoniale, artistico e storico: tutte incisioni originali, eseguite con la tecnica della stampa su lastra di rame. La lastra, una volta inchiostrata, si faceva passare lentamente fra i rulli del torchio calcografico, dopodiché la carta stampata veniva colorata a mano, con la tecnica dell’acquerello. Spesso le carte geografiche a stampa del Cinque–Settecento sono adornate da un cartiglio riccamente decorato con volute di foglie, angeli e trofei di armi, scene storico–mitologiche, oppure con diverse scene di ambito bellico.
Le mappe, risalenti a un arco di tempo compreso fra il XVI secolo e i primi del XIX, raffigurano i Principati di Transilvania, Valacchia e Moldavia con le regioni circonvicine, oppure il tratto inferiore del Danubio e le terre lambite dalle acque del Mar Nero; sono inoltre rappresentate l’Ungheria e le aree circostanti, la Penisola Balcanica, il bacino danubiano e l’Impero Ottomano. Le terre romene furono raffigurate nelle carte geografiche di tutte le grandi scuole cartografiche europee: in quelle dei famosi maestri cartografi dei Paesi Bassi (Abramo Ortelio, Gerardo Mercatore, Jodocus Hondius, Henricus Hondius, Willem Blaeu, Joan Blaeu, Johannes Janssonius, Claes Janszoon Visscher, Nicolaes Visscher I, Nicolaes Visscher II, Frederik de Wit, Carel Allard, Cornelis Danckerts, Justus Danckerts, Johannes Covens, Cornelis Mortier, Gerard Valck, Peter Schenk, Johann van der Bruggen, Joachim Ottens, Renier Ottens, Joshua Ottens), in quelle dei cartografi francesi (Nicolas Sanson, Nicolas de Fer, Pierre Duval, Alexis–Hubert Jaillot, Guillaume Delisle, Robert Janvier, Robert de Vaugondy, Didier Robert de Vaugondy, Rigobert Bonne, Charles–François Delamarche), nelle opere dei cartografi tedeschi e austriaci (Matthaeus Seutter, Johann Baptist Homann, Tobias Conrad Lotter, Franz Anton Schraembl, Franz Ludwig Güssefeld, Franz Johann Joseph von Reilly), e per finire, in quelle dei cartografi italiani (Giacomo Gastaldi, Giacomo Cantelli, Vincenzo Maria Coronelli, Vincenzo Pazzini Carli, Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, Antonio Zatta, Bartolomeo Borghi). Le scuole cartografiche occidentali vedevano le terre romene dal punto di vista delle proprie realtà geopolitiche, e spesso i maestri cartografi si tramandavano l’un l’altro i particolari riguardanti queste aree, oppure attingevano a fonti primarie ancora oggi poco note. Le fonti cartografiche rivelano il livello di conoscenza che, dal Cinquecento ai primi dell’Ottocento, l’Europa Occidentale aveva di realtà e aree del Vecchio Continente che, al tempo, erano ancora poco note e che rimasero tali, per l’opinione pubblica, almeno fino agli albori della rivoluzione industriale. Pur essendo vassalli dell’Impero Ottomano, i Principati di Valacchia, Moldavia e Transilvania, furono ritenuti, dalle élite politiche e sociali e dall’opinione pubblica dell’Europa Occidentale, come parte integrante della Respublica christiana.
Nella Penisola italiana del Cinquecento, la città di Firenze rappresentò il centro della produzione cartografica a stampa, dando inizio alla florida attività artistica e commerciale di mappe, piante topografiche, architetture urbane, ritrattistica varia, rappresentazione di scene mitologiche ed episodi biblici, che si diffuse e si sviluppò, dando impulso ad una nuova creatività e all’incremento della produzione del sapere in varie città italiane: Roma, Venezia, Siena, Napoli, incluse tra i maggiori centri europei dell’epoca nella produzione e nel commercio del libro e delle stampe. Venezia poteva vantare un buon livello di alfabetizzazione e una notevole vivacità economica, dovuta al suo ruolo cardine nel commercio internazionale, ponendosi quindi, già nel primo Cinquecento, come il più importante centro europeo di produzione libraria. La produzione a stampa degli editori, incisori e tipografi, forniva libri, stampe, mappe, immagini sacre ecc., alle botteghe librarie, ai venditori ambulanti e ai banchi allestiti in occasione di fiere e mercati periodici. La pubblicazione di incisioni e carte geografiche, a fini commerciali, fiorì nell’Europa del Sei–Settecento, un periodo di crescente affermazione dei Paesi Bassi e poi dell’Inghilterra quali importanti centri di produzione e diffusione libraria. La produzione cartografica di Anversa, e poi di Amsterdam, contribuì all’affermazione di questi porti, economicamente floridi, come principali centri editoriali nell’Europa del tempo. Amsterdam divenne nel Seicento il centro della cartografia mondiale, ma la produzione cartografica tedesca di Colonia, Norimberga, Augusta e Vienna, e quella francese di Dieppe e Parigi, fu del pari ragguardevole e si contraddistinse per l’originalità e la qualità delle carte geografiche che furono date alle stampe dai cartografi, incisori, tipografi e librai attivi in queste città.