"Corriere dell'est" (titolo originale: "Curierul de Est. Dialog cu Edward Kanterian")

Autore: Norman Manea

Titolo: Corriere dell'est

Anno: 2017

Casa editrice: Il Saggiatore

Traduzione di: Anita N. Bernacchia

Norman Manea è la voce errante di tre grandi drammi collettivi: l’Olocausto, il totalitarismo comunista, l’esilio. Ha vissuto sulla sua pelle la deportazione in un Lager in Transnistria, la Romania staliniana e la dittatura di Ceauşescu. Infine, stanco della censura e di una tragedia civile sempre pronta a capovolgersi in tragicommedia umana, ha trovato rifugio a New York. Esiliato nel suo stesso paese, costretto alla farsesca, deformata quotidianità della dittatura, e infine esule negli Stati Uniti, ha eletto a patria la lingua romena, scrivendo opere indimenticabili come Il ritorno dell’huligano e Varianti di un autoritratto.

Corriere dell’Est è il risultato degli undici anni di profondo scambio intellettuale e umano tra Manea e Edward Kanterian. Dal loro dialogo nasce un libro che oltrepassa i generi, sfiorando il mémoir, il saggio letterario, l’autobiografia, e attraversa il tempo e lo spazio in un viaggio che da Bucarest, passando per Berlino, giunge fino a New York. In queste pagine, Manea instaura un confronto serrato con i maggiori letterati romeni, come Emil Cioran e Paul Celan; o come Mircea Eliade, letto, ammirato e insieme criticato per l’antisemitismo e il sostegno al regime. Attorno al pensiero di Hannah Arendt coagula le proprie rifl essioni sull’identità e il futuro del popolo ebraico. Lascia spaziare il suo sguardo sulle minacce e le trasformazioni del presente: l’elezione di Donald Trump, il terrorismo islamico, il conflitto in Medio Oriente. E osserva con gli occhi dell’esule e del poeta un’America vorace, burlesca e infinitamente contraddittoria, capace di sprofondare chiunque nella solitudine della folla, di accecare con la luminescente immaturità della metropoli. Un’America approdo di una democrazia impura, fatta di monotoni e deludenti compromessi che sono il «volto che le persone le imprimono»: la traccia di un’imperfetta e fragile libertà.