- 18 December 2020
- Etichete Institutul Român de Cultură și Cercetare Umansitică de la Veneția IRCCU Veneția Institutul Cultural Român ICR Călin Săsărman
Călin Săsărman (n. 1960), Venezia. San Marco, olio su tela, cm 49x73, N. inv. 1003, firma in basso a sinistra con il monogramma «CS», 1982, collezione del Museo Nazionale dell’Unione di Alba Iulia (Romania).
Călin Săsărman è nato nel 1960 in una famiglia di pittori, quella di Sever e Doina Săsărman, stabilitasi nel 1981 a Viganello (Ticino, Svizzera). Il padre, Sever Săsărman, è nato a Nimigea de Sus (Distretto di Bistriţa Năsăud), ha frequentato il Liceo «George Coşbuc» di Năsăud, poi la Facoltà di Giurisprudenza a Cluj e ha avuto un’attività artistica estremamente prolifica e internazionalmente riconosciuta, in Italia in particolar modo, ma anche in patria, così come sua moglie Doina, laureata presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Cluj, altrettanto amante della pittura, con un’individualità lirica più accentuata. A proposito dell’artista Călin Săsărman, nel 1996, sulle pagine della rivista «Unu», pubblicata a Oradea, sono state scritte queste parole di elogio, seppur estremamente concise: «Il terzo elemento della famiglia, componente del triangolo artistico del Ticino, presenta nella sua creazione l’eredità artistica dei suoi genitori, concretizzata nelle essenze, l’astrazione dei modelli, il linguaggio simbolico dei colori, come anche la geometrizzazione delle linee», mettendo in evidenza il gran numero di premi ottenuti in Romania e in Italia. Sui tre artisti della famiglia Săsărman si è precisato: «Con modestia e talento, con energia e pathos artistico, i pittori romeni di Viganello si impongono sempre più per la serietà e la costanza della loro creazione artistica, e per le numerose esposizioni realizzate in oltre tre decenni di attività, che denotano un’alta professionalità, di certo valore artistico».
Nel 1980 si era tenuta al Museo Regionale Dolj di Craiova un’esposizione di famiglia dei tre pittori Călin, Doina e Sever Săsărman, e in tale occasione era stato anche pubblicato un catalogo. Con questo evento i tre salutavano la Romania, congedandosi, anche se certamente non in maniera definitiva, prima di stabilirsi in Svizzera, e mostravano che erano già una famiglia in cui la compatibilità delle visioni artistiche permetteva di esporre con successo insieme. Nel 2004, Călin Săsărman ha curato per suo padre, Sever, un Catalogo di pittura di 226 pagine, pubblicato a Viganello (Lugano).
Nella collezione d’arte del Museo Nazionale dell’Unione di Alba Iulia si trova un dipinto a olio su tela dell’artista Călin Săsărman, intitolato «Venezia. San Marco»e datato 1982. È un paesaggio modernista, quindi figurativo per eccellenza, che cerca di porre particolarmente in evidenza il valore storico del luogo, con mezzi relativamente limitati anche nel colore e con una sobria compostezza, inaspettata per un artista giovane e dinamico. La resa paesaggistica è essenzializzata e presenta accenti elegiaci che hanno radici nel passato, nella storia, per scoprire e mostrare i valori culturali e artistici perenni della città lagunare, evitando un approccio «decorativista» che ceda a una facile spettacolarità. La composizione pittorica è spogliata di ogni artificiosità, evita lo sfoggio dei colori mirato a iperbolizzare la rilevanza e le particolarità dei ben noti monumenti storici veneziani di Piazza San Marco. La storia sembra inghiottire, annichilire anche l’essere umano, il gondoliere posto sul primo piano del dipinto, rappresentato come una figura evanescente che rema e conduce la sua piccola imbarcazione sulle placide onde adriatiche del bacino San Marco. Sullo sfondo del paesaggio, come su un palco, concentrati in uno spazio ridotto, si mostrano allo spettatore gli edifici simbolo dell’architettura monumentale veneziana, noti in tutto il mondo: il Palazzo Ducale, la Basilica di San Marco, il Campanile, la Libreria Sansoviniana. Il giallo acido, freddo, di fattura modernista, evoca la condizione di Venezia, una città minacciata da maree cicliche e della crescita del livello dell’Adriatico, come anche l’amarezza dell’artista che sembra contagiare persino lo spettatore.
(scheda a cura di Gabriela Mircea; traduzione italiana di Anita Paolicchi)