Programma della giornata inaugurale della Mostra foto–documentaria «Dall’emigrazione all’integrazione: gli Italiani in Romania tra l’Ottocento e il Novecento», venerdì 26 novembre 2021, Museo dell’Emigrazione, Piazza Plebiscito 12, 33092 Cavasso Nuovo (PN)
La mostra è un’iniziativa culturale dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, dell’Associazione Italiani di Romania – RO.AS.IT. e dell’Ente Regionale Patrimonio Culturale Friuli Venezia Giulia, e si avvale del patrocinio del Consolato Generale di Romania a Trieste, della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, del Comune di Cavasso Nuovo (PN) e del Comune di Montereale Valcellina (PN), e della collaborazione dell’Associazione Culturale Zemlja di Sacile (PN). L’apertura al pubblico, nel periodo 26 novembre–19 dicembre 2021, presso il Museo dell’Emigrazione, Piazza Plebiscito 12, 33092 Cavasso Nuovo (PN), avverrà secondo le modalità previste dalla normativa vigente per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID–19, quindi l’ingresso sarà consentito, nell’orario di apertura del Museo, esibendo il Certificato di vaccinazione (Green Pass) munito di codice QR, unitamente a un documento di identità valido.
Programma (venerdì 26 novembre 2021):
Ore 16:15
Indirizzi di saluto delle Autorità
Silvano Romanin, Sindaco di Cavasso Nuovo
Daniele Gladich, Assessore al Bilancio, Tributi, Cultura, Turismo, Pubblica istruzione e Sistemi informatici del Comune di Cavasso Nuovo
Lettura dell’indirizzo di saluto inviato dall’On. Andi–Gabriel Grosaru, Deputato della minoranza italiana presso la Camera dei Deputati della Romania
Ore 16:30
Interventi
Olivia Simion, Associazione degli Italiani di Romania – RO.AS.IT., Bucarest
Dall’emigrazione all’integrazione: gli Italiani in Romania tra Ottocento e Novecento
Cristian Luca, Vicedirettore dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia
Il contributo dei professionisti italiani alla modernizzazione otto–novecentesca della Romania
Paolo Tomasella, Ente Regionale per il Patrimonio Culturale Friuli Venezia Giulia, Passariano
Aspetti dell’emigrazione friulana in Romania. Un protagonista ritrovato: Geniale Fabbro maestro costruttore
Ore 18:00
Conclusioni e Inaugurazione della mostra
Cosmin Victor Lotreanu, Console Generale di Romania a Trieste
Emanuele Zanon, Consigliere regionale e membro componente dell’Ufficio di Presidenza della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Presentazione e contenuti della Mostra foto–documentaria «Dall’emigrazione all’integrazione: gli Italiani in Romania tra l’Ottocento e il Novecento», Museo dell’Emigrazione, Piazza Plebiscito 12, 33092 Cavasso Nuovo (PN), 26 novembre–19 dicembre 2021
Le immagini raccolte nella mostra foto–documentaria dal titolo «Dall’emigrazione all’integrazione: gli Italiani in Romania tra l’Ottocento e il Novecento» rappresentano una rievocazione sinottica della storia degli italiani trapiantati in Romania, più precisamente dei componenti delle comunità storiche insediatesi nelle terre romene nel periodo dell’emigrazione di massa degli italiani in Europa e Oltreoceano, avvenuta tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (migrazione stimata in 60.000 unità). La mostra valorizza, attraverso un cospicuo numero di fotografie d’epoca inedite raccolte dai discendenti delle famiglie italiane naturalizzate in Romania e residenti in varie aree del paese, le storie di quei nuclei familiari che gettarono le basi della formazione delle comunità italiane presenti perlopiù nelle aree urbane e in alcune località rurali di nuova fondazione. La sequenza espositiva segue un criterio cronologico, quindi le foto, corredate da didascalie in italiano, ripercorrono la storia della minoranza italiana in Romania negli aspetti più rilevanti, dal suo insediamento a nord del Danubio fino al periodo più recente. Si deve ricordare che la prevalenza dei migranti proveniva in particolare dal pordenonese, la Carnia e l’area collinare della provincia di Udine. Il percorso espositivo della mostra «Dall’emigrazione all’integrazione: gli Italiani in Romania tra l’Ottocento e il Novecento» è diviso in sei sezioni:
I Sezione. Nuove radici. Gente e luoghi di origine
Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’affermazione nel Regno d’Italia della borghesia e del regime parlamentare, problemi irrisolti di carattere economico finirono per innescare una serie di fermenti politici e sociali. Da questi fenomeni economici e collettivi scaturì il più grande esodo di massa che l’Italia abbia mai conosciuto, lasciando segni indelebili nella società, tra i membri delle famiglie che emigrarono e fra quelli che rimasero in patria. Molti fra coloro i quali si trasferirono all’estero, spinti soprattutto dalle difficoltà economiche e dalla condizione di marginalità sociale, non fecero mai più ritorno nella loro terra d’origine. Con il passare del tempo venne sempre più avvertita la nostalgia della propria terra, i ricordi dei familiari e di quanto era stato lasciato alle spalle.
II Sezione. Il periodo della grande emigrazione e l’emergere delle comunità stabili
Attirati dall’ampia e variegata richiesta di lavoro dell’epoca, dal fatto che si trattava di un paese particolarmente accogliente con gli stranieri e dall’uso di una lingua parlata che riscontrava similitudini con l’italiano, gli emigrati italiani trovarono in Romania l’opportunità di avviare una nuova vita. Vi arrivarono soprattutto italiani provenienti dall’area settentrionale della Penisola che formarono importanti comunità in varie località ubicate in tutte le regioni storiche romene: Banato, Dobrugia, Piccola Valacchia (Oltenia), Valacchia (Muntenia) e Moldavia. Gli italiani che si trasferirono stabilmente in Romania conservarono generalmente la cittadinanza originaria, mantenendo il loro passaporto: gli uomini svolgevano il servizio di leva in Italia, mentre in tempo di guerra venivano arruolati nell’Esercito italiano. Almeno fino al 1948 le visite alle famiglie rimaste in patria avvennero con una certa frequenza, in base alle proprie possibilità finanziarie. L’emergere e lo sviluppo delle comunità e la stabilità dei membri residenti nella nuova patria determinarono la necessità pressante di organizzare e autogestire istituzioni educative, culturali, sociali e religiose in grado di conservare l’identità nazionale degli emigrati.
III Sezione. La vita sociale degli emigrati italiani in Romania
Nelle comunità italiane di emigrazione trapiantate in Romania, l’adeguamento e la progressiva adozione di nuovi modi di vita non avvennero facilmente. Furono saldamente mantenuti alcuni punti di riferimento identitari: la religione cattolica, l’uso della madrelingua italiana, le tradizioni e le consuetudini culturali, soprattutto quelle legate alla gastronomia e alle peculiarità culinarie. Portati per natura all’allegria, aperti e spesso con la battuta pronta, gli italiani furono accolti calorosamente e integrati facilmente dai nativi romeni, spesso subendo reciproche influenze e lo scambio di conoscenze che arricchirono entrambe le nazioni. Furono edificate scuole e chiese romano–cattoliche, con i fondi delle comunità o grazie al contributo dei più facoltosi membri delle stesse, a Bucarest, Galaţi, Brezoi (distretto di Vâlcea), nel villaggio di Greci (distretto di Tulcea), ecc. La religione cattolica rimase prevalente all’interno delle comunità, fino all’avvio delle famiglie miste nelle quali di solito, se la madre era romena, quest’ultima decideva la religione dei figli: di conseguenza tra gli italiani cattolici nacquero e vennero educati sempre più cristiani greco–ortodossi. L’edificazione di una casa di proprietà come residenza di famiglia segnava, in seguito al matrimonio misto e alla parentela acquisita con i locali, la definitiva radicazione degli emigrati italiani nelle terre romene.
IV Sezione. Impiego lavorativo, professioni, mestieri
Gli emigrati italiani in Romania trovavano impiego in vari settori dell’economia locale: innanzitutto nell’edilizia, come scalpellini, muratori, piastrellisti, mosaicisti, costruttori di strade, ponti e gallerie. Inoltre, venivano assunti nel settore della silvicoltura, nella lavorazione del legno e nell’apicoltura. Abili artigiani, essi dimostravano perizia e serietà, riscuotevano l’apprezzamento delle autorità e della popolazione, introducendo anche tecniche innovative negli ambiti occupazionali in cui esercitavano la propria attività. La denominazione italiana di alcuni attrezzi da lavoro passò nella traduzione romena mantenendo le peculiarità della lingua originale. Nelle ondate di emigrazione italiana che toccarono le terre romene giunsero a Brăila, Bucarest, Craiova, Galaţi, Iaşi e in altre città anche vari professionisti: ingegneri, architetti, medici, musicisti, docenti di tutti gli ordini e grado, pittori, scultori, attori, giornalisti, ecc.
V Sezione. Alcuni esempi del contributo italiano allo sviluppo del settore edilizio e infrastrutturale in Romania dell’Otto–Novecento
Tra gli operai specializzati e i professionisti giunti in Romania durante le ondate di emigrazione dalla Penisola italiana, fino ai primi decenni del Novecento, vi furono vari architetti, maestri costruttori, scalpellini, decoratori, impresari, tutti attivi nel settore dell’edilizia civile e industriale, pubblica e privata. Nelle costruzioni infrastrutturali, il contributo delle maestranze italiane fu particolarmente rilevante: strade, ponti, viadotti, ferrovie edificate in tutte le regioni della Romania videro l’impiego di architetti progettisti e di manodopera specializzata proveniente prevalentemente dal Veneto e dal Friuli.
VI Sezione. Continuità e integrazione nelle terre romene
La minoranza storica italiana continua a vivere e a dare il proprio contributo al progresso del paese d’adozione, orgogliosa della sua discendenza, delle sue radici saldamente ancorate alla Penisola italiana, sebbene vi sia ormai la distanza di alcune generazioni dall’epoca in cui gli antenati lasciarono la terra natia per trasferirsi in Romania. Con la riforma costituzionale dell’anno 2000 la minoranza è rappresentata da un deputato all’interno del Parlamento romeno. Tramandata di generazione in generazione, la nostalgia per la terra d’origine è tuttavia rimasta viva anche nel cuore di quelli che, pur pienamente integrati nella nuova patria, si rifanno alla dimensione identitaria dell’eredità culturale dei loro antenati emigrati in Romania. Ciò che le foto non raccontano, o per meglio dire celano inevitabilmente, sono le storie drammatiche di sradicamento e di lontananza dai propri cari, che gli emigrati vissero in prima persona; fenomeno che ritroviamo anche nelle attuali migrazioni di masse, sebbene esse siano inserite nel contesto storico a noi contemporaneo.