«Venezia e la sua laguna: lo sguardo degli artisti romeni del lungo Novecento»: Gheorghe Petraşcu, Rudolf Schweitzer–Cumpăna, Corneliu Baba

Gheorghe Petraşcu (1872–1949), Paesaggio italiano – Chioggia, olio su tela, cm 45x59, firma in basso a destra: «G. Petraşcu, [1]934», collezione «Ion Chiricuţă» del Museo «Vasile Pârvan» di Bârlad (Romania)

Gheorghe Petraşcu (1872, Tecuci–1949, Bucarest) nasce nella città di Tecuci, nella Moldavia meridionale. I suoi genitori, Costache Petrovici–Rusciucliu e sua moglie Elena, nata Biţa, erano piccoli possidenti nella zona di Fălciu. Fratello di Nicolae Petraşcu, diplomatico, scrittore e critico d’arte e letterario, Gheorghe rivela precocemente le proprie inclinazioni artistiche e compie i primi studi all’Accademia di Belle Arti di Bucarest. Successivamente, su raccomandazione di Nicolae Grigorescu ottenne una borsa di studio per perfezionarsi all’estero. Dopo un breve periodo trascorso a Monaco di Baviera si trasferisce a Parigi, dove si iscrive all’Accademia Julian e tra il 1899 e il 1902 lavora nello studio del pittore accademista William–Adolphe Bouguereau. Fin dalla sua prima esposizione personale all’Ateneo Romeno (1900), Gheorghe Petraşcu viene apprezzato dagli scrittori Barbu Delavrancea e Alexandru Vlahuţă, che acquistano una sua opera ciascuno. Con un entusiasmo travolgente dipinge paesaggi sia in Romania (Sinaia, Târgu Ocna, Câmpulung Muscel), sia all’estero: in Francia (Vitré, Saint-Malo), in Spagna (Ponte di San Martín di Toledo) e soprattutto in Italia (Venezia, Chioggia, Napoli). Nei suoi paesaggi la luce non cancella i contorni come accade invece nell’opera degli impressionisti, al contrario, le architetture rettilinee si impongono suscitando un’impressione di solidità. Da questo punto di vista, i paesaggi veneziani rivelano chiaramente l’anticonformismo di Petraşcu. L’artista evita le interpretazioni tradizionali, in cui il paesaggio della città lagunare non è che un pretesto per analizzare la rarefazione delle vibrazioni luminose, in eterno cambiamento sull’acqua, sui muri colorati e nell’aria limpida. C’è nella sua pittura un elogio della concretezza, delle realtà con cui entriamo continuamente in contatto, un elogio indubbiamente polemico nei confronti della tendenza alla polverizzazione dell’immagine tipica di alcune correnti impressioniste. Egli oppone al lirismo «seminatorista», legato alla cultura pastorale tradizionale a cui erano giunti alcuni epigoni di Ştefan Luchian e Nicolae Grigorescu, una visione robusta, vitale del mondo. I colori di Petraşcu iniziano, dal terzo decennio del XX secolo, a sottolineare con forza la matericità, la concretezza del mondo sensibile. Con la densità e la vitalità, ma anche con la lucentezza – evocando lo smalto della ceramica, i riflessi dell’argenteria popolare –, il pittore mette in evidenza i legami con la realtà, con le tradizioni dell’arte romena. Lo stile di Petraşcu si cristallizza, il suo linguaggio artistico acquista gradualmente i toni di un’individualità creatrice originale. Gheorghe Petraşcu espone in numerose personali a Bucarest, fra il 1903 e il 1923 all’Ateneo Romeno, poi al «Căminul Artei» (1926–1930), e raggiunge l’apice con le due retrospettive della Sala Dalles degli anni 1936 e 1940. Partecipa più volte alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia (1924, 1938, 1940). Nel 1929 Petraşcu vince il Gran Premio dell’Esposizione Internazionale di Barcellona, e nel 1937 quello di Parigi.

L’opera presentata in questa mostra on-line raffigura un paesaggio di Chioggia, nell’estremità meridionale della laguna veneta. Gli edifici rappresentati, che si affacciano sul Canale Riva Mare, sono osservati dal pittore dalla sponda opposta, ovvero da quella che gli abitanti del luogo chiamano Isola dell’Unione. Il pittore ricorre a un cromatismo chiaro, con blu, ocra, grigi dalle tonalità smorzate che si armonizzano con il verde–azzurro delle acque dell’Adriatico, rendendo il canale navigabile un riflesso del cielo sereno. È un’opera della maturità del pittore, illustrativa del suo stile e rappresentativa della sua paesaggistica a tema urbano.

(scheda a cura di Alice–Georgiana Fănaru; traduzione italiana di Anita Paolicchi)


Rudolf Schweitzer–Cumpăna (1886–1975), Paesaggio [veneziano], olio su cartoncino, cm 70x50, N. inv. D/640, firma in basso a destra: «Schweitzer Cumpăna», senza data, collezione «Ion Chiricuţă» del Museo «Vasile Pârvan» di Bârlad (Romania)

Rudolf Schweitzer–Cumpăna (1886, Piteşti–1975, Bucarest) conseguì l’istruzione primaria e secondaria nella città natia, dimostrando già in giovane età uno spiccato talento per il disegno. Con l’aiuto di uno zio, si trasferì a Berlino, dove, dal 1904 al 1908, studiò pittura, prima alla scuola privata del pittore Adolf Gustav Schlabitz e poi alla Regia Accademia di Belle Arti con i professori Erich Hanke, Arthur Kampf e Anton Alexander von Werne. In questo periodo, determinante per la sua formazione, acquisì notevoli capacità nel disegno e nella figurazione, che il pittore sfruttò in seguito, con ottimi risultati, nei ritratti e nei diversi paesaggi che contraddistinguono la sua opera pittorica. Nel 1909, Schweitzer–Cumpăna tornò in Romania per svolgere il servizio di leva. Nel 1911, debuttò al Salone Ufficiale romeno di Bucarest e, l’anno seguente, espose cinque opere all’evento organizzato dalla Società «Tinerimea Artistică» dei giovani artisti; quindi, nel 1913, ebbe la sua prima mostra personale a Bucarest. In seguito prese parte a numerose mostre personali e collettive, in Romania e all’estero, affermandosi come autore versatile e prolifico, eccellendo nella raffigurazione del paesaggio rurale e urbano e nell’esecuzione di diversi ritratti. Dopo aver combattuto nell’esercito romeno in Transilvania, durante la Grande Guerra, ed essere stato catturato dagli austro–ungheresi nei pressi di Braşov, riprese la sua attività artistica e, nel 1920, espose i suoi dipinti all’Ateneo Romeno, nell’ambito di una mostra collettiva. Negli anni successivi, fu presente con mostre personali a Bucarest (Sala Dalles, Accademia di Belle Arti, Sala «Ileana»); quindi espose le sue opere in diverse altre città romene: Brăila, Buzău, Craiova, Galaţi, Piteşti, Ploieşti, Timişoara ecc. Nel 1929 intraprese un viaggio di studio a Budapest, seguito da successivi viaggi di lavoro a Istanbul, Atene, Salonicco. Nel 1931 si trasferì a Parigi, dove espose le sue opere presso la Galleria «Jeanne Castel», mentre, nel 1932, alcuni suoi dipinti furono esposti nella Mostra degli artisti francesi. Rudolf Schweitzer–Cumpăna proseguì i suoi viaggi soggiornando e lavorando intensamente in Grecia e nella Macedonia settentrionale, quindi in Italia, dove dipinse «en plein air» a Venezia, Milano, Firenze, Roma, Napoli e San Remo. Lasciata l’Italia, si trasferì in Germania per un soggiorno di lavoro che conseguì discreti risultati. Nel 1927 si stabilì a Bucarest. Dal 1951 entrò a far parte dall’Unione degli Artisti Plastici di Romania e fu professore di pittura presso l’Istituto Universitario di Belle Arti «Nicolae Grigorescu» di Bucarest. Viaggiò a lungo anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, attraverso la Romania e all’estero, dipingendo innumerevoli paesaggi e immergendosi nell’atmosfera dei luoghi in cui si trovava, assimilando peculiarità e influssi artistici dalle culture che incontrava durante i suoi viaggi. Affrontò una pluralità di generi artistici: ritratti, paesaggi e dipinti tematici, elaborati con una ragguardevole varietà di tecniche: oli, acquerelli, disegno a carboncino, acquatinta. L’artista donò numerose opere ai Musei Regionali di Piteşti, Brăila, Craiova, Galaţi. Nel 1956, al compimento dei suoi 70 anni, l’artista fu insignito dal Governo romeno del titolo di «Maestro d’Arte».

Il dipinto esposto nella mostra on-line consiste nella raffigurazione di un tipico scorcio del paesaggio urbano veneziano: un ponte in primo piano, ad arcata unica, che sovrasta un canale della città lagunare. Sulle acque del canale, una barca è attraccata alla riva, mentre il ponte è contornato da alti edifici di diversi colori. La tonalità cromatica dell’opera volge al blu acciaio, grigio o bruno, con la presenza del bianco e di sfumature di grigio chiaro, volte ad esaltare gli effetti prospettici accentuati, a loro volta, dai contrasti di luce. La pennellata è energica e sicura, i colori densi e pastosi.

[scheda a cura di Cristian Luca]


Corneliu Baba (1906–1997), Paesaggio di Venezia, olio su tela, cm 49x57, N. inv. D/678, firma in basso a destra: «C[orneliu] Baba», senza data [ma risalente probabilmente al 1969/1970], collezione «Ion Chiricuţă» del Museo «Vasile Pârvan» di Bârlad (Romania)

Corneliu Baba (1906, Craiova–1997, Bucarest), studiò inizialmente con suo padre, il pittore Gheorghe Baba noto per i suoi affreschi di tema religioso realizzati nelle chiese greco–ortodosse romene, per poi proseguire per un breve periodo, nel 1926, presso l’Accademia di Belle Arti di Bucarest, ma senza diplomarsi. Si trasferì a Iaşi, dove poté avvalersi del sostegno del pittore e docente universitario Nicolae Tonitza, e qui si diplomò, nel 1938, presso la locale Accademia di Belle Arti, dove in seguito insegnò, prima come assistente (1939) strutturato presso il Dipartimento di Pittura, quindi come professore di ruolo dal 1946. Dal 1958 si trasferì a Bucarest, dove insegnò fino al 1977 all’Istituto Universitario di Belle Arti «Nicolae Grigorescu». Baba fu esponente di una pittura realistica piuttosto peculiare, e le sue opere del secondo dopoguerra avviarono una rilettura della tradizione della scuola pittorica romena, rifacendosi per certi aspetti al postimpressionismo e alle esperienze del tardo cubismo. Nel 1956 espose per la prima volta alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Abile disegnatore, ottenne nel 1960 la medaglia d’oro all’Esposizione internazionale del libro illustrato di Lipsia. Stimato e apprezzato per il suo lavoro, ricevette numerosi riconoscimenti e onorificenze: «Artista del Popolo» (1963), il «Merito Culturale» (1971), la «Stella della Repubblica» (1973), il Premio per ritratto alla Mostra Internazionale di pittura realista di Sofia (Bulgaria) (1989), il Premio Speciale dell’Unione degli Artisti Plastici di Romania (1990). Membro delle Accademie d’Arte dell’Unione Sovietica e della Repubblica Democratica Tedesca, membro corrispondente (1963) e poi effettivo (1990) dell’Accademia Romena delle Scienze, Corneliu Baba è ritenuto uno dei grandi maestri della pittura contemporanea romena. Sfruttando tutte le potenzialità degli effetti di luce e ombra, Baba compose i suoi dipinti attraverso una geometria proiettiva dell’immagine, creando una sensazione di solidità e stabilità, come si riscontra nei paesaggi veneziani. Fu un eccelso ritrattista e la produzione ritrattistica sembrò ispirarsi più al filone dell’accademismo che al modernismo. Non aderì in pieno ai dettami del realismo socialista, pur dipingendo la vita aspra e dura dei contadini, ma propose un proprio stile pittorico che fu definito «babismo» dalla critica d’arte romena.

Il dipinto della collezione «Ion Chiricuţă» del Museo «Vasile Pârvan» di Bârlad è pressoché identico a quello conservato nella collezione del Museo Regionale Argeş di Piteşti (N. inv. 376). Il quadro ritrae due edifici veneziani che si affacciano su un canale dove spunta una gondola attraccata alla riva. La composizione del quadro è semplice, ed esprime la più tipica maniera espressiva del pittore. Baba utilizza una gamma cromatica limitata: rosso carminio, ocra, blu di Prussia e nero brunito. L’effetto di luce si basa sul contrasto fra tinte spente chiare e scure, con pennellate dense e pastose che producono il risultato di esaltare entrambi gli edifici.

[scheda a cura di Cristian Luca]