« Monumenta Cartographica Dacoromaniae – Le terre romene nella cartografia storica a stampa del Cinque–Settecento»: Nicolas Sanson d’Abbeville, Alexis–Hubert Jaillot, Vincenzo Maria Coronelli

Nicolas Sanson d’Abbeville (1600–1667), Alexis–Hubert Jaillot (c. 1632–1712), Le Royaume de Hongrie et les États qui ont esté sujets et dependans de sa Couronne, sçavoir la Transilvanie, Moldavie, Valaquie, Croacie, Bosnie, Dalmacie, Servie, Bulgarie, ou sont présentement les Beglerbeglicz ou gouvernements de Bude, de Temeswar, de Bosnie et partie de celuy, de Romelie, les Principautés de Transilvanie, Moldavie, Valaquie, et la République de Raguse qui font aujourd’huy la Partie Septentrionale de la Turquie en Europe, editor: Alexis–Hubert Jaillot, Paris 1684, cm 55x88, incisione in rame, coloritura coeva all’acquerello, collezione privata.

La mappa dei cartografi francesi Nicolas Sanson e Alexis–Hubert Jaillot, in realtà una delle carte geografiche di Sanson le cui matrici in rame sono passate ai suoi eredi, quindi giunte nelle mani del loro socio Jaillot, è una rielaborazione lievemente aggiornata di quest’ultimo; è alquanto sintetica, per quanto riguarda la toponimia e l’idronimia del territorio raffigurato, ma individua correttamente i Principati Romeni nei loro confini naturali come Stati autonomi vassalli dell’Impero Ottomano, ubicati lungo il tratto inferiore del Danubio.

Nicolas Sanson d’Abbeville (1600–1667), cartografo e geografo francese, è stato capostipite della più nota e attiva famiglia di cartografi della Francia del Sei–Settecento. L’atlante di Sanson, intitolato: «Cartes générales de toutes les parties du Monde», e dato alle stampe a Parigi nel 1658, in collaborazione con l’incisore e stampatore Pierre Mariette (1634–1716), venne pubblicato in diverse edizioni – 1670, 1674 – nella capitale del Regno di Francia e fu ritenuto la più importante produzione della cartografia francese del XVII secolo. Nato ad Abbeville, nella Piccardia, Sanson studiò al Collegio dei Gesuiti di Amiens. Ad appena 18 anni, disegnò una carta della Francia che attirò l’attenzione del cardinale di Richelieu. Nel 1627 fu nominato ingegnere e geografo della Piccardia, con responsabilità nella manutenzione e potenziamento dei sistemi difensivi della provincia settentrionale del Regno di Francia. Dal 1627 si dedicò costantemente alla cartografia, pubblicando nel 1632 la sua prima mappa importante: «Les Postes de France», presso l’editore e stampatore Melchiore Tavernier (1594–1665). Dopo aver pubblicato in proprio varie carte geografiche, si unì all’editore parigino Pierre Mariette, dando così inizio ad un lungo e proficuo sodalizio professionale, che vedrà Sanson come cartografo e Mariette come incisore. Nominato da re Luigi XIII di Borbone Consigliere di Stato, Nicolas Sanson fu cartografo e geografo della Corte francese e precettore di geografia di Luigi XIV. Sanson realizzò una grande varietà di mappe di diverse zone del mondo ed è considerato, avendo prodotto quasi 300 mappe, il più prolifico cartografo francese del Seicento. L’opera di Nicolas Sanson fu continuata dal nipote Pierre Duval (1619–1683) e dai figli Guglielmo (1633–1703) e Adriano (1639–1718), mentre il primogenito Nicola (1626–1648), promettente cartografo, già avviato a ricalcare le orme del padre, morì inaspettatamente in giovane età. Dai figli del fondatore, l’officina cartografica dei Sanson passò al nipote Pierre Moulard Sanson (?–1730), quindi le matrici in rame delle carte finirono nelle mani di Gilles Robert de Vaugondy (1688–1766) e dei figli e nipoti di Alexis–Hubert Jaillot (1632–1712). Nicolas Sanson fu tra i primi cartografi francesi ad applicare la trigonometria nelle misurazioni geodetiche, avviando nuove proiezioni geografiche con l’impiego di sistemi di misura indiretta, attraverso procedimenti trigonometrici che seguivano i metodi utilizzati sin dal 1617 dal matematico olandese Willebrord Snel van Royen (Willebrordus Snellius) (1580–1626). Il rilevamento geodetico–topografico basato sulla triangolazione dette, alle carte geografiche sansoniane, un aspetto sempre più preciso e accurato delle realtà territoriali in esse raffigurate.

Alexis–Hubert Jaillot (c. 1632–1712) fu uno dei più importanti cartografi francesi del XVII secolo. Nacque a Saint-Claude, nella Franca Contea, e si trasferì a Parigi nel 1657, insieme al fratello Simon. Jaillot era dedito alla scultura all’arrivo nella capitale francese e cominciò a muovere i primi passi nel mondo dell’editoria in seguito al matrimonio – avvenuto nel gennaio 1665 – con Jeanne Berey, figlia dell’editore e cartografo Nicolas Berey (1610?–1665). L’improvvisa scomparsa del suocero spinse Jaillot a rilevare l’attività produttiva e commerciale di Berey – insieme al cognato Nicolas II Berey, che si spegnerà nel dicembre 1667 –, la rinomata stamperia parigina «Aux deux Globes», entrando poi in società con i figli ed eredi di Nicolas Sanson: Guglielmo Sanson (1633–1703) e Adrien Sanson (?–1708). Dal 1671, Jaillot riutilizzò le matrici in rame del defunto cartografo francese, dando alle stampe varie carte geografiche di Nicolas Sanson, traendo vantaggio dalle circostanze favorevoli createsi sul mercato a seguito della chiusura dell’officina cartografica e stamperia dei Blaeu, nel 1672, dovuta all’incendio di vaste proporzioni che aveva distrutto le matrici in rame accumulate per generazioni. Jaillot revisionò alcune mappe che Nicolas Sanson aveva preparato per la stampa, senza riuscire a pubblicarle, quindi ridisegnò le carte geografiche già pubblicate e per l’occasione ridimensionò il formato su matrici in rame più grandi. Dal 1672 in poi, Jaillot aveva pubblicato varie mappe di Sanson, quindi raccolse e diede alle stampe parte della produzione cartografica sansoniana, insieme alle sue rielaborazioni, nell’atlante di grade successo «Atlas Nouveau contenant toutes les Parties du Monde, ou sont exactement remarques les Empires, Monarchies, Royaumes, États, Républiques & Peuples qui fy trouvent à présent. Par le Sr. Sanson, Géographe ordinaire du Roy, présente a Monseigneur le Dauphin …, Hubert Jaillot Géographe du Roy. A Paris, Chez Hubert Jaillot», che fu pubblicato a Parigi, in edizioni successive, nel 1681, 1684, 1689, 1693, quindi ad Amsterdam, dall’editore Pieter Mortier (1661–1711), nel 1692, 1695, 1696, 1707, 1708, 1721 e 1735, raggiungendo, dalle iniziali 99 carte geografiche dell’edizione uscita dalle stampe nel 1692, le 300 mappe del 1721 e addirittura le 400 carte nell’edizione del 1735. Alexis–Hubert Jaillot valorizzò e perfezionò l’eredità di Sanson, potenziando la diffusione dell’opera del grande cartografo francese. Dal 1672, per Jaillot lavorarono gli incisori François Caumartin e Louis Cordier. Senza rinunciare all’attività di cartografo e editore, Jaillot acquisì la carica di procuratore reale del baliaggio di Melun (Île-de-France). Le carte geografiche raccolte nell’atlante di Jaillot si caratterizzano per il formato di stampa più grande immesso sul mercato europeo della cartografia commerciale del Seicento. Dall’atlante di Jaillot presero a piene mani numerosi cartografi del tardo Seicento e del Settecento. Già l’editore di Amsterdam di Alexis–Hubert Jaillot, Pieter Mortier, si ispirò ampiamente all’«Atlas Nouveau» per le sue pubblicazioni cartografiche; il figlio di quest’ultimo, Cornelis Mortier (1699–1783), strinse società nel 1721 con Johannes Covens (1697–1774), dando inizio all’officina cartografica e tipografica Covens e Mortier di Amsterdam (1721–1866), che pubblicò l’edizione del grande atlante di Jaillot del 1735, la quale contava ben 400 mappe. Le carte geografiche di Sanson e Jaillot furono fonte d’ispirazione per gli stampatori e i cartografi Johann Hoffmann (1629–1698) di Norimberga e William Berry (1639–1718) di Londra. Sia l’«Atlas Nouveau» di Jaillot sia l’«Atlas royal» di Pieter Mortier riscossero un notevole successo commerciale, raggiungendo un numero complessivo di copie e un’ampia diffusione che nessun altro atlante aveva fino ad allora toccato, né avrebbero ottenuto quelli di Herman Moll (1654?–1732), e neppure quelli scaturiti dal sodalizio professionale tra John Senex (1690–1740), James Maxwell e Charles Price (1679?–1733). Alexis–Hubert Jaillot spirò a Parigi, il 2 novembre 1712, e il suo patrimonio, inclusa l’officina cartografica e la stamperia, passò al figlio Bernard–Jean–Hyacinthe Jaillot (1673–1739).


Vincenzo Maria Coronelli (1650–1718), Cours du Danube depuis sa source, jusqu’à ses Embouchures, ou sont partie de l’Empire d’Allemagne et des États qui ont este ou qui sont encore de l’Empire des Turcs en Europe avec partie des États de la Sérénissime République de Venise, dressée par le P. Coronelli, corrigée et augmentée par le Sr. Tillemon, incisore ed editore: Jean Baptiste Nolin (1657–1708), Parigi 1688, cm 45x120, incisione in rame, coloritura coeva all’acquerello, The Eran Laor Cartographic Collection/אוסף המפות ע”ש ערן לאור at the National Library of Israel/ישראל נאציאנאלע ביבליאטעק (per uso non commerciale, a fini culturali ed educativi).

La carta del Danubio del geografo, cartografo, cosmografo ed enciclopedista veneziano Vincenzo Maria Coronelli, nell’edizione pubblicata a Parigi nel 1688 dall’incisore ed editore francese Jean Baptiste Nolin (1657–1708), è un’opera d’arte con una discreta precisione topografica generale, leggermente aggiornata agli standard della cartografia scientifica francese dal cartografo e geografo Jean–Nicolas du Tralage di Tillemont (1640?–1720?). Coronelli, uno dei cartografi italiani più noti e di successo dell’ultimo quarto del Seicento e dei primi decenni del Settecento, diede la dovuta attenzione alle realtà territoriali e politiche dell’Europa orientale, area di interesse economico per Venezia. Tale perizia è evidente nelle sue carte geografiche che raffigurano sia i territori dello «Stato da Mar» veneto, oppure quelli che all’epoca si trovavano nell’orbita della Serenissima, sia l’area del Danubio. La mappa del corso del Danubio di Coronelli, aggiornata da Jean–Nicolas du Tralage di Tillemont, fu apprezzata in quegli anni per le sue qualità estetiche e per la relativa precisione geografica della raffigurazione del corso del grande fiume. I Principati Romeni vengono correttamente raffigurati, ubicati lungo il tratto inferiore del Danubio. Valacchia e Moldavia sono disegnate adoperando lo stesso colore. Il loro territorio è disposto con relativa precisione sulla mappa, ma la posizione dei toponimi e degli idronimi sul terreno, nella raffigurazione cartografica, è spesso errata, come conseguenza della diversità di fonti utilizzate e compilate indistintamente, senza ricorrere ad un’analisi critica. Quindi si riscontrano delle imprecisioni che si tramandavano in assenza di rilevazioni topografiche, che invece furono avviate con continuità soltanto nel secondo Settecento per essere utilizzate nell’elaborazione delle carte geografiche.

Vincenzo Maria Coronelli (1650–1718) nacque a Venezia, in una famiglia di modeste condizioni sociali, il 16 agosto 1650, figlio del sarto Maffio Coronelli e della moglie Caterina. In tenera età fu apprendista xilografo a Ravenna, presso la bottega del fratello maggiore, esperienza che mise più tardi a frutto nell’elaborazione delle mappe e dei mappamondi che all’epoca lo resero famoso in tutto il mondo. Indossando il saio francescano all’età di circa 15 anni, divenne novizio nella più importante comunità monastica veneziana dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, quella del Convento di Santa Maria Gloriosa dei Frari. L’anno successivo, ad appena sedici anni, diede alle stampe la sua prima pubblicazione: «Calendario perpetuo sacro–profano». Coronelli studiò matematica e geografia a Venezia, dove fu ordinato sacerdote, poi passò al Collegio San Bonaventura a Grottaferrata, addottorandosi in Teologia nel 1674, quindi completò la sua istruzione studiando astronomia e geometria euclidea. Nel 1678 ricevette la committenza del duca di Parma e Piacenza, Ranuccio II Farnese (1630–1694), per la realizzazione di due grandi globi, uno terrestre e l’altro celeste, oggi andati persi. Acquistando notorietà con il mappamondo terrestre e quello celeste realizzati per la corte farnesiana di Parma, Coronelli ricevette l’invito del cardinale César d’Estrées (1628–1714) di recarsi a Parigi, dove realizzò per il re di Francia, Luigi XIV di Borbone (1643–1715), due grandi globi, da 3,8 m di diametro ciascuno, oggi alla Bibliothèque Nationale de France. I globi terracquei e celesti ultimati nel 1681 fruttarono grande fama all’erudito geografo, cartografo e cosmografo francescano, tanto che numerose teste coronate ed esponenti dell’alta nobiltà europea gli allogarono la realizzazione di tali opere. Così, globi terrestri e celesti di Vincenzo Maria Coronelli possono essere oggi ammirati anche in Austria, alla Österreichischen Nationalbibliothek di Vienna e alla biblioteca dell’Abbazia benedettina di Melk, e in Germania, alla Biblioteca Civica di Treviri, mentre in Italia danno ancora più lustro alle collezioni di alcune importanti biblioteche pubbliche: Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Biblioteca Civica «Angelo Mai» di Bergamo, Biblioteca Federiciana di Fano, Biblioteca Planettiana di Jesi, Pontificia Biblioteca Antoniana di Padova, Biblioteca Classense di Ravenna, nonché al Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano e al Museo Galileo di Firenze. Al Museo della Specola di Bologna, presso il Palazzo Poggi, si conserva un globo terrestre coronelliano donato nel 1992 dalla famiglia bolognese Enriques, in ricordo di Giovanni Enriques (1905–1990), editore, dirigente e imprenditore emiliano trapiantato a Milano.

Nel 1684 Vincenzo Maria Coronelli fondò l’Accademia Cosmografica degli Argonauti, quindi, un anno più tardi, nel 1685, fu nominato cosmografo della Repubblica Veneta. Quattro anni più tardi, nel 1689, Coronelli donò alla Serenissima la coppia di globi terrestre e celeste da allora esposti nell’Antisala sansoviniana della Biblioteca Marciana. La stessa biblioteca conta una consistente raccolta di opere a stampa coronelliane e parte della biblioteca personale dell’erudito francescano. Tra il 1690 e il 1698, Coronelli affrontò la sua più importante impresa cartografica: la stesura e la pubblicazione dell’«Atlante Veneto», monumentale raccolta di carte geografiche data alle stampe in 13 volumi che illustrava il mondo allora conosciuto, l’ambizioso obiettivo dell’autore essendo «la discrittione geografica, storica, sacra, profana, e politica, degl’Imperii, Regni, Provincie e Stati dell’Universo». L’atelier cartografico di Coronelli era allestito presso il Convento di Santa Maria Gloriosa dei Frari, e vi funzionò a pieno ritmo del periodo nel quale egli fu Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali (1701–1707). Dal 1698, Coronelli è stato incaricato dell’insegnamento di Geografia presso l’Università di Padova. I contenuti e la metodologia di insegnamento dell’erudito francescano si riscontrano nella sua «Epitome cosmografica» (Venezia 1693), un manuale di geografia fisica e politica in cui vengono esposti in dettaglio le tecniche di realizzazione dei globi e i materiali da utilizzare. A Coronelli si deve la pubblicazione della prima enciclopedia ordinata alfabeticamente, dal titolo «Biblioteca universale sacro–profana», progettata in 45 volumi, dei quali uscirono solo sette tra il 1701 e il 1709. A cavallo tra Sei e Settecento, Coronelli era ritenuto il più grande cartografo attivo in Europa ed era particolarmente rinomato per la sua innovatività e la sua produttività, avendo lui stesso compilato e inciso diverse centinaia di carte geografiche. Inoltre, raffigurò, in scene allegoriche oppure realistiche, le vittoriose battaglie combattute dai veneziani contro le truppe della Porta durante la Guerra della Lega Santa contro l’Impero Ottomano (1684–1699), e le incisioni furono ampiamente utilizzate per adornare le carte geografiche e altre pubblicazioni nelle ristampe e traduzioni delle sue opere in francese, inglese, tedesco e neerlandese. Ebbe una florida carriera editoriale, essendo autore unico o coautore di oltre 140 titoli. Coronelli spirò a Venezia nel 1718, all’età di 68 anni, e gran parte dei suoi manoscritti, la sua corrispondenza e le matrici in rame delle sue incisioni andarono dispersi o malamente venduti, e da quel momento si persero definitivamente le tracce di alcune fonti delle opere coronelliane.