Johann Andreas Pfeffel (1674–1748), Valachia [tratta da Johann van der Bruggen (1695–1740), Valachia, Vienna 1737], s. l. [Augusta?], s. a. [1740–1748?], cm 24,5x33,5, incisione in rame, carta, coloritura coeva ad acquerello, Collezione Bernard Pavel Moll (1687–1780) della Biblioteca Regionale della Moravia di Brno (Repubblica Ceca) (per uso non commerciale, a fini culturali ed educativi).
Johann Andreas Pfeffel (1674–1748), Moldavia [tratta da Johann van der Bruggen (1695–1740), Moldavia, Vienna 1737], s. l. [Augusta?], s. a. [1740–1748?], cm 25x33, incisione in rame, carta, coloritura coeva ad acquerello, Collezione Bernard Pavel Moll (1687–1780) della Biblioteca Regionale della Moravia di Brno (Repubblica Ceca) (per uso non commerciale, a fini culturali ed educativi).
Johann Andreas Pfeffel (1674–1748), Transylvania [tratta da Johann van der Bruggen (1695–1740), Transylvania, Vienna 1737], s. l. [Augusta?], s. a. [1740–1748?], cm 24,5x33, incisione in rame, carta, coloritura coeva ad acquerello, Collezione Bernard Pavel Moll (1687–1780) della Biblioteca Regionale della Moravia di Brno (Repubblica Ceca) (per uso non commerciale, a fini culturali ed educativi).
Le mappe esposte nella mostra on-line sono le carte geografiche dei Principati di Valacchia, Moldavia e Transilvania incluse dal cartografo Johann van der Bruggen (1695–1740) negli atlanti «Parvus Atlas qui continent duas partes quatum prima pars refert Regnum Hungariae» e «Tabulae XI. repraesentantes Regnum Hungariae, cum adjecentibus Provinciis suis», pubblicati a Vienna tra il 1737 e il 1739. Pfeffel, il quale eseguì le matrici in rame dell’edizione di Augusta, del 1740, del «Parvus Atlas» di van der Bruggen, semplicemente riprodusse le lastre in rame, probabilmente subito dopo la morte del cartografo, assumendosi le carte geografiche e pubblicandole con lo stesso testo latino. Si tratta di mappe decorative di modeste dimensioni, prive di precisione geografica, ma elaborate con molta cura, cosicché gli errori relativi alla delimitazione del territorio e alla disposizione dei toponimi e degli idronimi sono meno pesanti e fastidiosi di quelli di alcune carte geografiche di Matthäus Seutter (1678–1757) o di Tobias Conrad Lotter (1717–1777). Le rappresentazioni dei Principati Danubiani e della Transilvania asburgica sono opere d’arte per la qualità dell’incisione e della stampa, come per le scene allegoriche elaborate ed eseguite con maestria artistica, ma anche per la coloritura ugualmente sobria e distinta che rispondeva al gusto barocco della clientela dell’epoca. Queste mappe hanno contribuito alla divulgazione di un’immagine relativamente esotica delle terre romene, come regione ubicata alla confluenza tra l’Oriente e l’Occidente del continente europeo.
Le scene allegoriche raffigurano paesaggi bucolici, con putti e personaggi femminili che impersonano i tre principati. Nella scena allegorica ubicata sulla mappa numerata 3 in alto a destra, la Valacchia è raffigurata, in alto a sinistra, come una donna con la corona turrita che indossa abiti da antica romana ed è seduta sui ruderi di un edificio di età imperiale tardoantica. A lei si rivolgono tre putti, omaggiandola con alcuni doni che rappresentano le ricchezze delle terre romene: un mazzo di spighe di grano, grappoli di uva appena raccolti, un cesto di frutta, mentre sullo sfondo della scena allegorica si scorgono tre arnie per api che indicano l’abbondanza del miele e della cera d’api, il paese attestandosi già all’epoca tra i principali produttori ed esportatori europei di questi prodotti dell’alveare. Nell’alto a destra, sulla stessa mappa, un altro putto regge nelle mani un drappo che reca la scritta «Valachia», avendo ai piedi, alla sua sinistra, posato su una roccia, uno scudo di tipo accartocciato con lo stemma chimerico del principato. Lo stemma con le «tre teste di moro» bendate sulla fronte, di profilo, rivolte sullo scudo a sinistra di chi guarda, fu erroneamente attribuito alla Valacchia da alcuni copisti del Quattrocento della «Chronik des Konzils zu Konstanz 1414–1418» di Ulrich von Richental (c. 1360–1437). A uno dei manoscritti della «Cronaca» attinse l’editore Levin Hulsius (1546–1606), pubblicando erroneamente tale stemma come fosse appartenuta alla Valacchia del principe Michele il Bravo (1593–1601). Ulrich von Richental aveva indicato nella sua «Cronaca del Concilio di Costanza» che lo stemma con le «tre teste di moro» apparteneva ad un certo «principe di Ascalona», semplice titolo nobiliare poiché la Contea di Giaffa e Ascalona era agli inizi del Quattrocento solo un flebile ricordo dell’ormai ex Regno crociato di Gerusalemme. Il simbolo di stato della Valacchia era l’aquila di nero con le ali spiegate tenente nel becco una croce. Altrettanto erroneo è lo stemma di Moldavia, presente sulla mappa del principato, numerata 7 in alto a destra, che reca due teste di moro e al centro dello scudo una stella ad otto raggi che sormonta la mezzaluna, elaborazione immaginaria erroneamente attribuita al principato nelle successive trascrizioni della stessa «Cronaca» di Ulrich von Richental. Lo stemma del Principato di Moldavia consisteva nella raffigurazione, su uno scudo di colore porpora, di una testa di uro affiancata dalle rappresentazioni stilizzate del sole e della mezzaluna. Nella scena allegorica raffigurata sulla mappa della Moldavia di Johann van der Bruggen, quindi anche nell’edizione di Johann Andreas Pfeffel, la figura femminile che impersona il principato indossa antichi abiti romani ed è priva di corona, mentre nella mano destra tiene l’asta di un piccolo vessillo; alla sua sinistra, una mandria di cavalli pascola ai piedi di una collina ricoperta dai boschi di latifoglie. Questa scena allegorica suggerisce, come era ben noto nell’Europa Occidentale tra il XVI e il XVIII secolo, che la pastorizia e l’allevamento del bestiame costituivano la principale componente dell’economia agricola della Moldavia. Infatti, oltre all’allevamento dei cavalli, all’epoca tanto richiesti sul mercato dai vari eserciti europei, l’allevamento allo stato brado di bovini e ovini costituiva un’importante fonte di reddito per la popolazione e di entrate per l’erario pubblico. Infine, nella mappa numerata 6 in alto a destra, la scena allegorica raffigura la Transilvania nell’aspetto di una donna con il capo cinto da una corona muraria completata da torri merlate, recando nella mano sinistra uno scudo accartocciato sul quale vengono raffigurati sei colli invece dei sette colli che costituivano la simbologia araldica adoperata dai sassoni transilvani: ciascuno dei sette colli aveva in cima una torre merlata, da ciò probabilmente deriva la denominazione germanica del principato: Siebenbürgen. Come risorse naturali della Transilvania, nella scena allegorica, ubicata in basso a destra sulla mappa del principato, vengono enfatizzate le risorse minerarie estraibili, raffigurando due pozzi verticali che perforano altrettante montagne per raggiungere i giacimenti minerari d’oro e d’argento. Due putti minatori rendono omaggio alla figura femminile che impersona la Transilvania, offrendole un piatto carico di pepite d’oro/d’argento, mentre un piccolo carrello per il trasporto dei minerali è raffigurato riempito dagli stessi metalli preziosi del luogo. In alto a destra, un cartiglio ovoidale con i bordi accartocciati reca semplicemente la denominazione della mappa: «Transylvania».
Johann Andreas Pfeffel (1674–1748), incisore ed editore tedesco, nacque nel 1674 a Bischoffingen, nel margraviato di Baden–Durlach, all’epoca parte del Sacro Romano Impero. Dimostrò uno spiccato talento per le tecniche incisorie sin dalla tenera età, lavorando su lastre di rame di varie dimensioni. Studiò all’Accademia di Belle Arti di Vienna, apprendendo le tecniche incisorie e di stampa calcografica. Tra le sue prime incisioni ci furono alcuni ritratti e varie scene allegoriche. La sua produzione artistica fu così apprezzata che ricevette il titolo altisonante di incisore della Corte imperiale, però preferì trasferirsi ad Augusta, uno dei più importanti centri della stampa tipografica dei territori tedeschi, rinomato per le tecniche di stampa delle immagini utilizzando incisioni realizzate a bulino su lastra calcografica. Pfeffel si stabilì ad Augusta nel 1711 e realizzo una società con l’incisore ed editore Christian Engelbrecht (1672–1735), con cui aprì una bottega di produzione e commercializzazione di libri e stampati. Pfeffel acquisì un’ottima reputazione, diversificando la produzione improntata sulla stampa di incisioni di varie dimensioni – ritratti di personalità coeve, eventi politici, cerimonie e festività, scene teatrali, piante e vedute di città, raccolte di immagini sacre – e sulla pubblicazione di libri di teologia, filosofia, arte, ecc. La Bibbia illustrata del naturalista e medico svizzero Johann Jakob Scheuchzer (1672–1733), fu pubblicata da Pfeffel e Engelbrecht in quattro volumi, tra il 1731 e il 1735, con il titolo «Physica sacra», avendo le illustrazioni eseguite dal disegnatore e incisore svizzero Johann Melchior Füssli (1677–1736), incise sulle matrici in rame dagli incisori Johann August Corvinus (1683–1738), Jakob Andreas Fridrich (1684–1751), Georg Daniel Heümann (1691–1759), Johann Gottlieb Thelot (attivo ad Augusta nel periodo 1708–1760), Georg Lichtensteger (1700–1781) e Catharina Sperlingen. Cogliendo il gusto degli acquirenti, lettori, collezionisti o semplicemente persone con la curiosità di conoscere e capire, Johann Andreas Pfeffel pubblicò stampe di molteplici dimensioni su temi quali ritratti delle teste coronate dei vari casati europei, vedute di città, architetture urbane, scenografie teatrali, cerimonie di corte, scene allegoriche, ecc. Fu Pfeffel l’editore di «Prospecte und Abriße einiger Gebäude von Wien» dell’architetto viennese Joseph Emanuel Fischer von Erlach (1693–1742), per il quale le incisioni vennero eseguite dall’incisore norimbergense Johann Adam Delsenbach (1687–1765). Tra i suoi collaboratori, oltre ai numerosi incisori che lavorarono alla stesura delle matrici in rame di vari libri e stampati, vanno menzionati il disegnatore e incisore Salomon Kleiner (1700–1761) e il pittore Johann Evangelist Holzer (1709–1740). Anche dopo essersi messo in proprio, Pfeffel eseguì personalmente numerose incisioni su lastre in rame; quindi insegnò le tecniche incisorie al figlio che aveva lo stesso nome, Johann Andreas Pfeffel (1715–1768), e che divenne un apprezzato incisore in grado di raccogliere e portare avanti l’eredità dell’impresa paterna.
Johann van der Bruggen (1695–1740) fu un cartografo ed editore tedesco attivo prima a Vienna, poi brevemente ad Augusta. Lavorò per un periodo come incisore a Praga e Vienna. Nel 1737 pubblicò la carta geografica dettagliata dell’Austria che consisteva in undici mappe. A Vienna realizzò e diede alle stampe, tra il 1737 e il 1739, il «Parvus Atlas qui continent duas partes quatum prima pars refert Regnum Hungariae» e «Tabulae XI. repraesentantes Regnum Hungariae, cum adjecentibus Provinciis suis»: dai predetti atlanti sono tratte le carte geografiche dei Principati di Valacchia, Moldavia e Transilvania in seguito pubblicate da Johann Andreas Pfeffel. Nel 1740, Johann van der Bruggen si trasferì ad Augusta, dove ristampò il «Parvus Atlas» presso la stamperia di Pfeffel. Questa edizione dell’atlante indica il Pfeffel come disegnatore e incisore delle carte geografiche, pur essendo invariata rispetto a quella viennese. Tuttavia, Pfeffel conosceva l’edizione principe dell’atlante, apparsa a Vienna nel 1737. Pur sembrando poco probabile, non è, dunque, da escludere che le tre mappe siano state riprodotte prima del trasferimento di Johann van der Bruggen ad Augusta e dell’avvenuta committenza per la ristampa della raccolta cartografica affidata alla bottega tipografica di Pfeffel.